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VINO: ROSSO O BIANCO? UNO STILE DI VITA.

11 aprile 2018

In quest’articolo parleremo di vino rosso e bianco, di solfiti e di alcune curiosità che sicuramente non saprete. Preparate i bicchieri.

Vino Bianco o vino rosso? Sembra una domanda banale, ma dietro alla risposta, spesso abbinata al piatto in tavola, si nascondono due filosofie di pensiero.

Filosofie che generano perfino accese dispute, come il luogo comune secondo cui il vino bianco faccia meno bene di quello rosso.

Come sempre la verità sta nel mezzo e, sia che si tratti di vino bianco, sia di vino rosso, è bene berne una giusta quantità. Tranquilli, qualsiasi disputa ad ogni modo, si risolve sempre con un brindisi.

 

Sapete cosa sono i solfiti e a cosa servono nel vino?

Sul banco degli imputati ci sono sempre più spesso i famosi solfiti, o anidride solforosa, che sono addizionati al vino per prevenirne l’ossidazione. Per ossidazione s’intende una perdita di lucentezza e una modifica del sapore che lo rende più dolciastro, quasi marsalato.

I vini bianchi sono più esposti a questo rischio. E qui segniamo un punto per i sostenitori del vino rosso.

Ma quali sono esattamente le accuse che sono mosse a questi solfiti? In genere, possono provocare:

  • Emicrania.
  • Acidità di stomaco.
  • Reflusso gastrico.
  • Reazione allergiche.

Del resto, i vini bianchi hanno un ph più acido rispetto a quelli rossi. Se volete evitare quindi nottate insonni a causa del disagio gastrico, soprattutto se siete delicati di stomaco, andateci piano.

È vero anche che il vino rosso, però, contiene una maggiore quantità di flavonoidi con potere antiossidante, ma dovreste berne damigiane intere per avere l’effetto desiderato. Quindi, meglio qualche ruga in più ma il fegato in salute. E qui, un punto lo segniamo ai sostenitori dei vini bianchi.

Siamo arrivati a un sostanziale pareggio. A questo punto ci vuole davvero un brindisi.

 

Bollincine o non bollicine?

Le bollicine, sono le bollicine, altrimenti, che brindisi sarebbe? Si potrebbe brindare alla salute, di certo con un vino realizzato seguendo il Metodo Scacchi. Lo conoscete?

Verso la fine del 1500 Francesco Scacchi, medico e cronista fabrianese doc, pubblicò in lingua latina il “De salubri potu dissertatio”, ovvero, “Dissertazione sulla bevanda salutare” dove, si parla anche dello spumante e delle tecniche per realizzarlo, distinguendo i vini che fanno bene e quelli che, invece, nuocciono alla salute.

E pensate, è stata pubblicata ben 50 anni prima del Dom Pérignon. E sui vini italiani l’orgoglio nazionale esplode come un tappo di prosecco.

 

Il metodo di spumantizzazione vincente.

Qual è il metodo di spumantizzazione vincente per ottenere vini “mordaci”, “tittillanti” e “razenti?

L’enologo marchigiano Francesco Sbaffi, per esempio, ha seguito i suggerimenti dell’autore suo concittadino, aggiungendo i mosti per far rifermentare i vecchi vini, già imbottigliati da qualche mese.

Niente saccarosio, niente zuccheri aggiunti: solo mosto e tanta passione, quella che identifica una terra ricca e piacevole, come il resto dei suoi prodotti.

Prove e sperimentazioni condotte da Sbaffi hanno permesso così di definire un metodo di spumantizzazione originale denominato Metodo Scacchi attraverso il quale prendono vita spumanti artigianali, che si distinguono per intensità, sapidità e complessità aromatica.

Lo spiccato effetto del terroir è evidente. Dal vitigno autoctono Sangiovese, nasce così lo spumante Rosé, tanto richiesto oggi grazie al suo gusto aromatico, mentre dal vitigno, sempre del territorio Chardonnay, si ottiene uno spumante classico, dal gusto piacevolmente rotondo.

 

Insomma, vino rosso o bianco, bollicine o fermo, da solo o in compagnia, l’importante è goderselo.

 

PS. Se oltre a un bicchiere di buon vino rosso ricco di antiossidanti volete fare di più per le vostre rughe, leggete qui.